02/02/2024

A seguito delle nostre richieste e delle proteste degli agricoltori la Commissione UE nei giorni scorsi ha proposto il rinnovo per il 2024 della deroga all’obbligo del 4% delle terre improduttive, inserendo però il vincolo di destinare il 7% della superfice a colture intercalari o azotofissatrici da coltivare senza l’impiego di prodotti fitosanitari. Posta così la deroga è poco attuabile. Purtroppo i vertici dell’Europa non hanno compreso il livello di esasperazione che provano gli agricoltori in questo momento. Gli Agricoltori vogliono produrre su tutta la superficie aziendale perché esiste un problema serio di redditività delle aziende e anche perché l’Europa necessità di cereali e di soia che altrimenti deve importare. La misura del 4% improduttivo non è comprensibile, non è sostenibile ed è anacronistica. L’Unione Europea deve cancellare questa norma! Come dovrebbe rivedere urgentemente tutto l’impianto della riforma Pac entrata in vigore lo scorso anno. Si tratta di una riforma sbagliata, fuori dal tempo, come ha sempre sostenuto Confagricoltura.  Abbiamo una PAC che va contro le aziende e contro l’economia agricola europea in quanto disincentiva la produzione e la opprime con vincoli inutili e costosi anziché sostenerla e renderla più competitiva.

La Commissione, inoltre, propone di rinnovare per un altro anno le misure che aboliscono i dazi per le produzioni provenienti dall’Ucraina, ma con la clausola di “rapidi rimedi” nel caso “di gravi perturbazioni del mercato europeo e dei mercati si uno o più stati membri”. Un’altra clausola di salvaguardia riguarda le uova, il pollame e lo zucchero per cui le importazioni Ucraine superiori al livello del 2022-2023 sarebbero soggette a dazi doganali. Il problema è che le perturbazioni già esistono e che a pagare il prezzo del sostegno all’Ucraina (per quanto giusto esso sia) non possono essere gli agricoltori europei. Alle importazioni vanno imposti chiari limiti, soprattutto a quei prodotti che non rispettano gli standard di qualità imposti all’interno dei confini dell’Unione Europea.

Insomma non ci siamo! Queste proposte non rappresentano una risposta alle richieste degli agricoltori e, anzi, confermano, qualora ci fosse ancora qualche dubbio, quanto profondo sia il divario tra l’Unione Europea e i problemi presenti nelle campagne.