08/08/2025

Lo scorso 16 luglio la Commissione europea ha ufficializzato le proposte relative al Quadro Finanziario Pluriennale e alla revisione della Politica Agricola Comune per il periodo 2028-2034. La proposta di bilancio e del fondo unico è stata fortemente contestata da Confagricoltura e dallo stesso Copa, l’associazione europea dei sindacati agricoli, in quanto è completamente al di fuori delle aspettative e dalle necessità di sviluppo del settore. La proposta ora verrà vagliata e discussa del Consiglio e dal Parlamento europeo per essere approvata nell’arco dei prossimi due anni.
Anche se il quadro normativo è molto ampio forniamo di seguito alcune prime indicazioni delle principali novità, riguardanti il quadro finanziario e la riforma della Pac.

La proposta di QFP 2023-2034
La Commissione europea per il settennio 2023-2034 ha proposto un bilancio ambizioso e decisamente con maggiori risorse rispetto al precedente periodo. Inoltre, ha ridotto le rubriche del bilancio accorpando fondi e strumenti.
A fronte di un aumento della dotazione totale che passa da 1.211 a 1.985 miliardi di euro per i sette anni di programmazione assistiamo alla diminuzione del budget specifico garantito alla politica agricola, che passa da 380 miliardi a 294 miliardi. L’agricoltura non solo non vede un aumento del proprio budget, ma subisce un drastico calo delle dotazioni: -22% a prezzi correnti che arriva al 40% se sommiamo la perdita di valore dell’euro a causa dell’inflazione. L’incidenza della spesa agricola sul budget totale della UE passa dal 31% dell’attuale periodo di programmazione al 15%. Segno evidente che la Commissione non ritiene l’agricoltura così strategica per l’Unione Europea.
Oltre alle novità relative al budget assistiamo ad una rivoluzione copernicana che vede una drastica semplificazione degli strumenti e dei fondi disponibili.
In pratica tutti i fondi indiretti, vale a dire quei fondi gestiti dagli Stati membri, e diretti, gestiti direttamente dalla Commissione – tipo i progetti LIFE - sono fusi in un “Fondo unico” (più esattamente il “Fondo europeo per la prosperità e la sicurezza sostenibili in campo economico, territoriale, sociale, rurale e marittimo”) che sarà attuato dai piani strategici nazionali e regionali – NRP – National Regional Plans con un plafond che copre oltre il 40 per cento del totale del bilancio UE, comprendendo anche l’enveloppe di 294 miliardi dedicati al sostegno al reddito della PAC.
In poche parole, l’ipotesi della Commissione europea è quella di affidare a ciascuno degli Stati membri la stesura di un “Piano di partenariato nazionale e regionale” (NRP) nel quali siano contenute, in maniera coerente e coordinata, tutte le misure per l’utilizzo dei fondi di coesione, di quelle destinate al sostegno al reddito della PAC, alla pesca, ma anche a programmi come Interreg e quelli per la migrazione e la gestione frontaliera.

La proposta di riforma della PAC
La Commissione propone una revisione significativa delle misure della PAC. Cesserebbe la distinzione tra interventi del primo e del secondo pilastro. Il nuovo assetto proposto per la PAC è indicato in una proposta di regolamento abbastanza snella che si integra con le previsioni per la implementazione del “Fondo unico” e per la stesura del Piano nazionale e regionale di partenariato”.
Per quanto riguarda le misure della Politica agricola comune, la riforma prevede una certa semplificazione e razionalizzazione degli interventi.
Vediamo le principali novità

Vengono confermati i principali strumenti della Politica agricola comune: come l’aiuto al reddito e gli aiuti accoppiati. Vengono soppressi gli “Ecoschemi”, il pagamento diretto “giovani” ed il “pagamento ridistributivo”. Il pagamento di base al reddito attualmente previsto (BISS) e sostituito con il “pagamento degressivo per il sostegno al reddito” con il superamento del sistema dei pagamenti diretti su base storica. Si tratta di un importo ad ettaro stabilito dagli Stati membri e differenziato tra gruppi di agricoltori o aree geografiche, tenendo conto di criteri obiettivi e non discriminatori, sulla base del reddito in un determinato periodo di riferimento e favorendo specifiche categorie di imprese: giovani e neo agricoltori, donne, aziende familiari, piccole, aziende con ordinamenti misti o in aree soggette a vincoli naturali. Gli Stati membri devono comunque assicurare che il “sostegno degressivo” sia “prioritariamente indirizzato agli agricoltori che esercitano una attività agricola nella loro azienda e contribuiscano attivamente alla sicurezza alimentare (food security)”. Entro il 2032 non possono più ricevere il “Sostegno degressivo” i beneficiari che hanno raggiunto l’età pensionabile e che beneficiano di un trattamento pensionistico. Il livello medio ad ettaro del “Sostegno degressivo” è previsto che sia compreso tra un minimo di 130 ed un massimo di 240 euro/ha.

Il Sostegno degressivo è ridotto in base all’importo:
-          del 25% tra 20mila e 50 mila euro
-          del 50% tra 50mila e 75 mila euro
-          del 75% oltre i 75mila euro.

E’ previsto un tetto massimo dei pagamenti (sempre solo del “Sostegno degressivo”) a 100mila euro per beneficiario e per anno. In caso di persona giuridica si tiene conto di tutte le aziende controllate dal beneficiario stesso.

Sono confermati i pagamenti “accoppiati” per le produzioni e/o per specifiche tipologie di agricoltura in difficoltà e rilevanti per motivi socioeconomici o ambientali. Il pagamento accoppiato per superfici è previsto potenzialmente per tutte le coltivazioni, esclusi i settori tabacchicolo e vitivinicolo ed inclusi foraggi e cedui a rapida rotazione; il pagamento accoppiato per capo animale è garantito per carni bovine e ovicaprine, lattiero caseari, apicoltura e bachi da seta. La dotazione finanziaria massima per i pagamenti accoppiati è pari al 20% della dotazione prevista per: sostegno degressivo al reddito, misure agro climatico ambientali e sostegno ai piccoli agricoltori. È possibile aumentare sino ad ulteriori 5 punti percentuali il massimale del 20% se la quota eccedente il 20% è destinata alle proteine vegetali, alle aziende “miste” (aziende con coltivazioni e allevamenti) o per regioni con rischio di abbandono della produzione agricola.

Il regolamento in materia di PAC prevede anche il finanziamento, nell’ambito della dotazione specifica di risorse per gli interventi di sostegno al reddito, delle attuali “misure settoriali” che includono quelle relative specificatamente ai settori vitivinicoli, olivicolo, ortofrutticolo, ed apistico nonché per l’Italia il comparto pataticolo.

E’ previsto l’obbligo alla partecipazione a strumenti di gestione del rischio per perdite almeno pari al 20% della produzione o del reddito medio storico (media triennale o media “olimpica”). Non sono precisati gli strumenti di gestione del rischio attivabili anche se si può presumere che siano i medesimi attualmente previsti.

Le misure agro-climatico-ambientali continuano ad essere previste e includono “impegni volontari di gestione”, compresi il biologico e la estensivizzazione della produzione zootecnica (con impegni anche annuali) ed “azioni di transizione” sulla base di un “piano di transizione” predisposto dall’agricoltore e approvato dallo Stato membro. E’ la prima volta quindi che si incentivano gli impegni verso la transizione. La possibilità di prevedere impegni agro-climatico- ambientali di durata annuale evoca la possibilità che si possano finanziare come ACA gli attuali eco-schemi che vengono formalmente soppressi.

Ampio risalto nella nuova PAC è dato al ricambio generazionale con:
-          l’obbligo per ogni Stato membro di definire una strategia di rinnovo generazionale in agricoltura;
-          incentivi specifici per l’insediamento di giovani agricoltori, start-up e lo sviluppo di piccole aziende con un massimo importo dell’aiuto di 300mila euro tra importo forfetario e strumenti finanziari;
-          la possibilità di integrare diversi strumenti di intervento della PAC a favore dei giovani agricoltori in uno “starter pack” per avviare la propria attività.
Confermate nelle linee generali le misure per le aree svantaggiate, per gli investimenti (“di agricoltori e silvicoltori” è ora specificato, quindi si desume non di soggetti diversi da quelli che esercitano l’attività agricola) e per LEADER che, però, non è più finanziato dal plafond specifico per gli “interventi di sostegno al reddito” della PAC.

La proposta della Commissione prevede anche una limitata semplificazione della “condizionalità”, denominata ora “Farm stewardship” (custodia delle risorse naturali) laddove vengono fissati a livello comunitario gli impegni che derivano da regolamenti e direttive europee (i cosiddetti “Criteri di gestione obbligatori”) anche in termini di condizionalità sociale, che praticamente rimangono immutati rispetto alla situazione attuale. Mentre le attuali “Buone condizioni agronomiche e ambientali”, verranno definite (“pratiche protettive”) dagli Stati membri al fine di preservare il suolo ed i corsi d’acqua. Lo stato membro può prevedere poi delle deroghe o esenzioni specifiche, anche per i beneficiari delle misure agro-climatico-ambientali.

Le nostre valutazioni sulla proposta di riforma della PAC
La nuova impostazione del regolamento delle misure di Politica agricola comune presenta ad una prima valutazione più aspetti negativi che positivi. Da un lato si assiste ad una propensione – ancora troppo contenuta - a semplificare taluni adempimenti e requisiti; è il caso della condizionalità, ad esempio, che di fatto è rimasta immutata.
Non è condivisibile la selettività che, invece di garantire parità di trattamento e semmai favorire l’agricoltura professionale ed orientata al mercato, in più occasioni non perde occasione di indulgere in misure a favore di piccoli agricoltori, anche part-time e anche non dediti alla produzione agricola. A riguardo, sono da rigettare le proposte di degressività e plafonamento del Sostegno degressivo al reddito, che non sono supportate da adeguate giustificazioni e valutazioni di impatto. Da valutare con attenzione le conseguenze, per l’Italia, del superamento dei pagamenti disaccoppiati su base storica (“titoli”) che potrebbe avere conseguenze anche notevoli su alcuni comparti, beneficiari e territori.
Da valutare la nuova gestione delle “misure di settore” che riguardano settori importantissimi per l’agricoltura italiana e che potrebbero perdere di specificità in quanto a strumenti e risorse. Vengono meno infatti, almeno ad una prima lettura, i plafond finanziari specifici che sinora erano assegnati tramite regolamento a ciascun settore (almeno per vino, olio e settore apistico).
In generale, infine, la nuova modalità di programmazione, seppure potrebbe contare su una disponibilità finanziaria predefinita ed esclusiva per gli interventi della PAC, sconta la necessità di armonizzare le scelte politiche nell’ambito di un programma nazionale e regionale integrato che deve includere obiettivi e strumenti per tutti i Fondi che attualmente sono distinti (FESR, FSE FEAMP…altre azioni…) e che devono essere gestiti nell’ambito del “Fondo unico” che verrà istituito.

Una incognita di gestione che rischia di rendere più complessa e meno efficace ed efficiente l’azione politica, anche per tenere conto del più complesso ambito di partenariato coinvolto nella definizione delle scelte. In tal senso andrà perorata la possibilità di definire le misure relative alla dotazione finanziaria degli interventi di sostegno al reddito della PAC nell’ambito di un partenariato agricolo ristretto.